Le impressioni di Eduardo Traina sulla Conferenza di Trieste

Data:
20 Dicembre 2010

Le impressioni di Eduardo Traina sulla Conferenza di Trieste

Le impressioni di Eduardo Traina sulla Conferenza di Trieste

Riceviamo e volentieri pubblichiamo le considerazioni di Eduardo Traina sulla Conferenza “Canottaggio e Scuola in Europa” che si è tenuta a Trieste gli scorsi 10 e 11 dicembre:

Sono grato al Comitato Friuli Venezia Giulia di avermi dato l’opportunità di presenziare al seminario svoltosi tra venerdì e sabato scorsi, organizzato sul tema il “Canottaggio e la Scuola in Europa”.

La presenza di relatori di diversa estrazione e provenienza geografica ha, infatti, consentito la comparazione dei sistemi organizzati scolastici, offrendo la possibilità di analizzare gli elementi di successo dei sistemi virtuosi. In particolare Antonio Maurogiovanni e Ryan Demaine, impegnati con importanti incarichi operativi in paesi – rispettivamente l’Australia ed il Regno Unito – che tradizionalmente hanno individuato nello sport una componente centrale del processo formativo scolastico, hanno offerto una panoramica di chiara lettura delle metodologie di tali sistemi. Altrettanto stimolanti sono apparse le illustrazioni sul mondo remiero croato e le interconnessioni con le locali scuole fornite dal presidente Dražen Sudić che ha rappresentato la realtà della propria federazione, capace di conseguire performance mondiali assolutamente di rilievo ed operativa attraverso “soli” 42 circoli; numero veramente elevato ove si consideri che la popolazione croata è numericamente meno di un dodicesimo di quella italiana ed il differenziale del PIL pro capite dei due paesi. Il ventaglio degli spunti di riflessione è stato ampio e variegato ed il quadro di sintesi, ad esito delle analisi comparate, ha fatto emergere le criticità del sistema Italia in riferimento alla pratica sportiva nella scuola. Ne è venuta pure prova, per gli aspetti riguardanti la sfera remiera, dalle iniziative e progetti sin qui portati avanti da Federazione e Società, i cui marginali risultati appaiono effetto di una organizzazione scolastica poco permeabile alle sollecitazioni esterne, che svogliatamente dialoga con il mondo dello sport e, nella migliore delle ipotesi, talvolta consente di ottenere sporadici successi unicamente legati alla episodica sensibilità di qualche preside o insegnante di educazione fisica che, quindi, nel complesso poco concorrono ad incidere su di un organismo strutturato secondo inadeguati criteri che, nei fatti, relegano lo sport al di fuori della mission scolastica. Tralasciando poi i non rari atteggiamenti di demonizzazione volti a individuare nello sport stesso una attività antagonista a quella istituzionale dello studio, nel senso che si considera il giovane impegnato nello sport un soggetto da “normalizzare” per evitare cali di tensione nelle attività di studio, distortamente considerate le sole utili a formare il giovane per la futura vita lavorativa.

Di contro, anche le analisi condotte dalla psicologa dello sport Marina Gerin Birsa, hanno evidenziato invece come lo sport dovrebbe considerarsi centrale ai fini della formazione del futuro “uomo”, essendo lo stesso determinante ai fini del completamento della formazione per la capacità di meglio dotare il giovane in termini di maggiore equilibrio, senso dell’autostima e predisporlo a competere in maniera etica.

Anche gli altri interventi dei relatori (D. Zangla e L. Manzo) hanno concorso ha tracciare un quadro di insieme che sostanzialmente è andato nella medesima direzione, venendosi a confermare le carenze del sistema scuola Italia. Sulla scorta di tali spunti, altri interventi hanno poi correttamente sottolineato l’equivoco di base secondo cui impropriamente viene fatto carico al CONI, alle Federazioni ed alle Società sportive di colmare il gap formativo sportivo che connota in negativo la scuola italiana, soprattutto in rapporto all’organizzazione scolastica dei paesi anglo-sassoni. In particolare, per quanto attiene alla disciplina del Canottaggio che più direttamente ci interessa, è apparso chiaro che Federazione e Società tendono a muoversi secondo obiettivi e logiche diverse da quelle della scuola, poiché interessa ad esse attrarre un numero quanto ampio possibile di praticanti, ai fini di ampliare la base per qualificare sempre più, in un’ottica di performance sportiva, il tessuto remiero costituito dagli atleti che svolgono attività agonistica di vertice o anche amatoriale. Benchè ciò implichi indirettamente la possibilità di incidere a livello sociale sulla formazione giovanile-studentesca, tale elemento resta sempre un tramite, poiché il macro obiettivo, più o meno confessato, tende sempre alla formazione dell’atleta ai fini della spendibilità dello stesso per il prestigio del Sodalizio, per la continuità della vita della Società che lo accoglie e, a livello di Federazione, per le possibilità di migliorare la qualità delle rappresentative nazionali.

La mission della scuola è invece volta ad inserire nel circuito scolastico lo sport come elemento formativo complementare che, alla pari di quello più specificamente didattico-culturale, incida già da subito sulla formazione del giovane, prevenendo vizi e malformazioni o, comunque, concorrendo a correggere possibili patologie funzionali formatesi nella fase di vita prescolastica e, soprattutto, facendo leva sulla pratica delle discipline sportive – in particolare su quelle che alla pari del Canottaggio meglio si prestano a qualificare la formazione sotto il profilo psico-fisico – per la realizzazione al meglio del “ progetto uomo-cittadino “ che costituisce l’obiettivo primario, fine a se stesso, della scuola.

I lavori del seminario hanno evidenziato che ciò è quanto avviene in molte delle aree geografiche prese in esame, soprattutto nei paesi di cultura anglo-sassone, che sembrano avere raggiunto un ottimale equilibrio tra la formazione psico-fisica e quella più strettamente didattica-culturale, mentre la scuola italiana, aldilà di velleitari pronunciamenti di intenti, appare avvitata su se stessa ed incapace di auto dotarsi di una organizzazione efficace per gli obiettivi sopra illustrati.

In conclusione, è forse auspicabile che la tematica del Convegno di Trieste venga ripresa anche a livello Federale, atteso che oramai da diversi anni la Federazione stessa tenta di interfacciare e coinvolgere il sistema scuola proponendo programmi condivisi, con sforzi che sino ad ora hanno impattano nella scarsa sensibilità del sistema stesso, strutturato secondo logiche non più accettabili in un paese che si considera evoluto e che ha quindi l’obbligo di formare le nuove generazioni del nostro paese per meglio attrezzate a competere, in un sistema globalizzato, con quelle di altre nazioni che, come visto, vengono anche attraverso lo sport meglio preparate ad affrontare le complessità dei nostri tempi.

Forse per un caso, ma il tema centrale del Convegno è apparso stimolante ed attuale anche in relazione a quanto in questi giorni sta avvenendo all’interno del mondo della scuola e dell’università, oltre che per i conflitti ideologici legati ai programmi di riforme in corso!

Ultimo aggiornamento

20 Dicembre 2010, 11:06

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